Pallavolo Padova

Lo Psicologo dello Sport risponde – 1° appuntamento

E’ con grande piacere che provo a presentare un nuovo spazio che “PALLAVOLO PADOVA” dedica ai suoi sostenitori e alle amiche e agli amici che praticano ad ogni livello e con ogni diversa possibile “funzione” la Pallavolo: sarà una rubrica dedicata alla Psicologia dello Sport, che spero possa suscitare interesse e curiosità in tutte/ tutti Voi.Perché la Psicologia dello Sport: perché parlare delle abilità psicologiche degli atleti (donne o uomini che siano) significa parlare di rapporto allenatore/atleta, dello stile di vita dell’atleta, di gestione dello stress, di “concentrazione”, dello stile esplicativo, della gestione della gara, dell’accompagnamento dell’atleta nella gestione degli infortuni, della “formazione” dei giovani, di “resilienza”, di “coaching”, di “empowerment”…Quanti temi diversi e quanti termini probabilmente poco o mal conosciuti!A Voi chiedere, se interessati, approfondimenti che potranno essere trattati con brevi articoli che troverete con frequenza settimanale su questo sito, e, anche, la possibilità di proporre quesiti più personali, ai quali potrete ricevere via mail risposta diretta.Sempre a Voi l’incarico di segnalare se i testi proposti siano sufficientemente comprensibili; diceva un mio “vecchio” amico e maestro che ciò che si racconta deve essere capito anche… dalla propria nonna! Racconta in una recente conferenza Alberto Cei che l’allenatore americano Tom Landry, grande “santone” del football americano, scomparso all’inizio di questo secolo, definiva l’allenamento come la capacità di “far fare agli atleti cose che non vogliono fare allo scopo di raggiungere ciò che vogliono raggiungere”. Nel corso di quell’incontro incontro Cei ha sottolineato altri aspetti rilevanti della formazione degli atleti affermando che servono almeno 10 anni per diventare atleti “esperti” e ne definisce il percorso:

  • 10 anni equivalgono a circa 10.000 ore di allenamento
  • ovvero circa 4 ore di allenamento ogni giorno per 10 anni
  • ciò significa che lo “sviluppo” è un processo a lungo termine
  • infine, questo impegno a lungo termine deve essere comunicato e compreso da genitori, allenatori e dirigenti sportivi.

Donatella Donati si chiede invece se lo Sport sia un fine o un mezzo: se un fine, prevale un “approccio agonistico orientato alla performance”; se un mezzo, allora si deve parlare di un “programma educativo”, che richiede persone in grado di gestire creativamente conoscenze, abilità, valori e attitudini del soggetto interessato.Chi sono Donatella Donati e Alberto Cei: la Donati è docente presso il Dipartimento di Scienze Motorie dell’università di Verona e da tempo opera nell’ambito della preparazione mentale di atleti con disabilità, mentre Alberto Cei, autore di numerosi libri di psicologia dello sport, docente presso l’Università San Raffaele di Roma, da decenni presiede alla preparazione mentale di numerosi atleti olimpionici italiani, dieci dei quali sono stati campioni olimpici.Prendo spunto dalle loro considerazioni per precisare i confini di un ambito della Psicologia che spesso non viene tenuto nella dovuta considerazione se non totalmente ignorato da chi è coinvolto nel mondo dello sport: in primis da allenatori e dirigenti sportivi, ma anche dagli atleti e dai loro genitori. La mia affermazione non vuole colpevolizzare alcuno, è una semplice constatazione che deriva sia da osservazioni personali che da racconti di colleghi che operano da anni a fianco dei club sportivi: in un certo senso temo sia una manifestazione dell’errata immagine che accompagna la Psicologia nel nostro Paese.Definendo la Psicologia come lo studio del comportamento, si può affermare che la Psicologia dello Sport abbia quale obiettivo “elaborare e sviluppare strategie d’intervento rivolte a favorire il cambiamento, la crescita, la realizzazione e il benessere personale. E’ orientata alla definizione del problema e allo sviluppo del cambiamento. Non è una pratica clinica sanitaria.” (da una relazione del Prof. Diego Polani, Docente presso l’Università di Firenze). Spero di essere riuscito a interessarVi alla materia; nel prossimo intervento parlerò delle abilità psicologiche di base: rilassamento, dialogo interno, immaginazione mentale e dell’imparare dall’esperienza. Grazie per la paziente lettura e grazie per l’attenzione che mi avete dedicato. A presto. Pietro “Piero” Visentini Psicologo dello Sport e consulente della “Tonazzo Pallavolo Padova” PER LE VOSTRE DOMANDE SCRIVETE A pietro.vise.volley@virgilio.it PIETRO VISENTINI: CHI SONO. “Nato a Pordenone nel 1950, ho due figlie e due nipotine e vivo nel padovano da circa vent’anni anni. Mi ha (ri)portato qui lo studio, dato che da grande e occupato (ho lavorato nella scuola dal 1978 e da poco sono in pensione) sono tornato all’Università qui a Padova, laureandomi in Psicologia ad indirizzo sperimentale. Non sono mai stato attratto molto dalla psicologia clinica: piuttosto, dato che dai venti ai quarant’anni ho allenato squadre di pallavolo a vario livello, mi ha attratto lo studio del comportamento umano nei gruppi e quello dello sviluppo delle cosiddette capacità cognitive in età evolutiva, ovvero come si faccia ad apprendere e a sviluppare nuove abilità e conoscenze in ogni campo… quello che, in fondo, ogni bambina/bambino sa fare al meglio, se solo glielo permettiamo. Ecco, quindi l’origine del binomio sport e psicologia, due aspetti fondamentali nella mia vita. Non gli unici, però, dato che ho studiato anche Scienze Naturali tanti anni fa (mi occupo tutt’oggi ancora di insetti). Poi la pallavolo mi ha “rapito”, portandomi a lavorare in palestra con schiere di ragazzine e ragazzini quasi ogni giorno dell’anno per molti anni, con qualche buon risultato! Poi la ritrovata voglia di studiare mi ha portato a conseguire prima la laurea e successivamente qualche altra specializzazione: quella di cui sono più fiero è in “Psicologia delle Emergenze”, che mi ha consentito di intervenire in aiuto alle popolazioni colpite da eventi catastrofici recenti, come all’Aquila e in Emilia.Da quest’anno collaboro con lo staff tecnico che guida la “nostra” squadra di A2: cerco di insegnare ai ragazzi più giovani le tecniche mentali utili per focalizzare al meglio l’attenzione e mantenere elevati livelli di concentrazione nel corso della gara, aspetto basilare per chi aspira a giocare ad alto livello”.

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